Dal sito https://www.huffingtonpost.it – Leggi l’articolo originale di Gianfranco Rotondi
Le cronache ci informano della decisione della famiglia Berlusconi di vendere villa Gernetto, leggendaria proprietà situata a Lesmo, dove Silvio voleva realizzare l’università liberale destinata a formare la classe dirigente del domani. Le case hanno un’anima, si suol dire, ed è vero: quantomeno trattengono le anime di chi le ha abitate, o ci è passato anche fugacemente. E l’anima di villa Gernetto era il grande sogno incompiuto di Silvio Berlusconi: l’università liberale era il corollario del progetto più ampio di un partito unitario del centrodestra, sul modello di De Gaulle a cui sopravvisse il gollismo.
Non a caso l’università liberale nacque contemporaneamente al Pdl, che doveva essere il partito gollista italiano, la forza unitaria capace di unire centro liberale e cristiano, destra democratica, conservatori e riformisti. Silvio Berlusconi voleva fondare il progetto sulla roccia di una nuova sintesi culturale, e riteneva che potessero abbeverarvisi solo le giovani generazioni, immuni da ideologismi e partigianerie del Novecento. Perciò l’allora premier opzionò quel villone brianzolo da anni invenduto, e di valore sproporzionato alla pur opulenta provincia di Monza.
Silvio si dedicò personalmente alla ristrutturazione di villa Gernetto (come del resto faceva con tutte le sue residenze). Di quell’impresa parlava persino nelle pause dei Consigli dei ministri: si mescolavano le descrizioni dei marmi e il preannuncio della disponibilità dei capi di Stato a tenere lezioni nell’Università di Lesmo.
Non ho frequentato granché villa Gernetto, a differenza di Arcore, dove mi sentivo più a casa (ma quale ospite di Silvio non si è sentito a casa grazie alla sua accoglienza?). Visitai la villa quando era un cantiere, e il Presidente volle mostrarmi ciò che si vedeva e ciò che lui sognava: le aule accoglienti e magnifiche, i giardini per le lezioni all’aperto, le foresterie per i ragazzi residenti.
Tornai a villa Gernetto a cantiere concluso, come si dice in gergo: era la settimana di Pasqua, e fu organizzata a villa Gernetto una cena elegante- sissignori, una cena elegante- in onore del ricandidato sindaco di Milano Letizia Moratti, che si scatenò nelle danze comunicando una simpatia insospettata. Ricordo che a fine serata giunsero in sala tre uova di Pasqua, da cui uscirono – come sorpresa- tre suonatrici di mandolino. Può piacere o meno il gusto, ma nelle cene eleganti non avveniva niente di più, come inutilmente hanno testimoniato centinaia di ospiti di quell’imprevedibile anfitrione che era Berlusconi.
Ma oggi vogliamo parlare solo di villa Gernetto. Fanno bene i figli di Berlusconi a venderla. Dicevano i nostri vecchi: ‘casa quanta se ne abita, terra quanta se ne vede’. Vale anche in Brianza, vale anche per cinque ragazzi milionari: la collezione di residenze del padre sarebbe un impiccio crescente anche per loro. Sarà tuttavia consentito di spargere una lagrima di circostanza a chi ha condiviso il sogno berlusconiano di cui villa Gernetto rimarrà l’iconico monumento: una politica fondata sulla cultura, un’Italia diversa, una classe dirigente nuova e terribilmente attrezzata, da farci vergognare di averla indegnamente preceduta.
Gli ultimi anni di Silvio Berlusconi non sono stati facili: la rottura del centrodestra, la caduta del governo, l’implosione del Pdl, le persecuzioni giudiziarie. Tutto ciò ha picconato il progetto berlusconiano di una nuova casa comune degli italiani. Sono anche io testimone di quanto Berlusconi abbia sofferto per aver lasciato incompiuto il suo sogno.
E alla fine del film é normale che villa Gernetto finisca sugli annunci immobiliari.