Non è possibile stabilire con esattezza la data di fondazione della Democrazia Cristiana: non c’è una data di nascita di un partito nato in clandestinità, durante il regime fascista, sulla spinta di molte iniziative neppure coordinate tra di loro.
La Dc non fu la riedizione del Partito Popolare fondato da don Sturzo nel 1919, pur se molti esponenti del vecchio Ppi entrarono nel partito che De Gasperi volle ‘nuovo’ rispetto alla esperienza popolare, di cui pure lui aveva fatto parte.
Se all’anagrafe della Dc manca l’atto di nascita, possiamo dire con sicurezza la data della fine delle attività del partito: il 18 gennaio 1994. Il giorno del settantacinquesimo anniversario della fondazione del Ppi di Sturzo, Il segretario della Dc Mino Martinazzoli annunciò il cambio del nome della DC: sulla scheda elettorale tornava il ‘Partito Popolare italiano’; e come Sturzo nel 1919 aveva rivolto un appello ‘ai liberi e forti’, cosi Mino Martinazzoli nel 1994 si appellò ‘a quanti hanno passione civile’.
In questi anni vi sono state discussioni anche giudiziarie sulle modalità di scioglimento della Dc. La Corte di Cassazione ha annotato che Martinazzoli non eseguì uno scioglimento, ma un semplice cambio di denominazione del partito, sicché a tutti gli effetti la Dc non è mai stata sciolta. Da questa osservazione un esercito di pochi disinteressati, e molti ‘interessati’, ha intentato cause e tentativi vari di resuscitare giuridicamente la Dc, ma sono tutti falliti, per la elementare ragione che il partito non è mai stato sciolto, e i tribunali hanno ritenuto validi e legittimi gli atti di disposizione dei partiti eredi su beni, simbolo e nome.
Ecco, il nome: veniamo al dunque dell’odierna avventura. Nel lontano 2004, quasi venti anni fa, il nome fu oggetto di una autorizzazione da me legittimamente richiesta ai partiti eredi della Dc, e da loro formalmente concessa: mi autorizzavano a costituire una associazione/ partito utilizzando il nome della Dc. Nacque una Democrazia Cristiana.2.0 che giornalisticamente fu subito definita ‘la Dc di Rotondi’. Mi sono sempre rifiutato di chiamarla così, essendo allergico-come tutti i democristiani- ai partiti personali. Il mio intento, e quello degli altri fondatori, era di costituire un partito che fosse solo la DC, senza nomi e senza aggettivi ulteriori. Cosi costituimmo la ‘Democrazia Cristiana’ nel dicembre 2004, e i soci fondatori, con me, si chiamavano Giampiero Catone, Franco De Luca, Lorenzo Montecuollo, Pierluigi Martinelli, Mauro Cutrufo e tanti altri amici che ho nel cuore.
Siamo riusciti nell’intento? Se penso all’obiettivo di riunire i democristiani, direi di no: il trentennio delle scissioni e dei cespugli ha minato irreparabilmente la possibilità di un partito unitario. Tuttavia la Dc del 2004 è -con l’Udc- il solo partito democristiano costantemente presente in parlamento, nei consigli regionali e comunali, talvolta al governo. Abbiamo custodito il nome della Dc. Di più: lo abbiamo riconsacrato, giovandoci di tanti fattori che hanno aiutato la ‘riabilitazione’, anzitutto il paragone con le ultime stagioni politiche ed alcuni loro protagonisti.
La nostra piccola DC si è evoluta al passo della politica di questi due decenni, e del campo da noi scelto, che è stato sempre il centrodestra: quando Berlusconi propose il partito unitario del centrodestra, nel 2008 la DC, al pari di Forza Italia e An, entrò nel ‘Popolo delle libertà’. Quando l’esperienza del Pdl volse miseramente al termine, come Forza Italia e la destra, anche noi recuperammo la nostra autonomia. Come tutti i partiti, adottammo slogan e denominazioni diverse nelle varie elezioni: al turno politico del 2018 fummo ‘Rivoluzione Cristiana’, con un pensiero alla rivoluzione di don Mazzolari, e uno a Benedetto Croce che definiva il cristianesimo ‘la più grande rivoluzione dell’umanità’. Nel 2022 siamo stati ‘verde è popolare’, un motto che mostrava l’adesione della Dc al monito di papa Francesco per la difesa del pianeta.
Oggi torniamo ad assumere la denominazione di venti anni fa: Democrazia Cristiana. È necessario farlo: spontaneamente nel Paese stanno sorgendo movimenti, comitati, associazioni, partiti denominati allo stesso modo, Democrazia Cristiana. Agli antidemocristiani, vivi e numerosi quanto i democristiani, piace raccontare il colore degli ultimi democristiani che si litigano il nome; a me piace pensare invece che siamo in una fase analoga all’alba democristiana degli anni quaranta, quando in più parti d’Italia nascevano iniziative democristiane l’una all’insaputa dell’altra.
È tempo però di far sintesi: esiste nel Paese una domanda di Democrazia Cristiana. Non crediamo a un nuovo partito democristiano di massa, ma sicuramente è possibile offrire al Paese un servizio meno approssimativo di quello assicurato dai cespugli democristiani della seconda repubblica.
Anzitutto è bene partire col piede giusto, senza errori giuridici: dunque partiamo dalla sola associazione che ha ricevuto l’autorizzazione all’uso del nome, che se lo è visto riconoscere in venti anni di contenziosi amministrativi e civili, che ha costantemente presentato liste, ha costituito propri gruppi in entrambi i rami del parlamento, ed ha la precedenza cronologica su tutte le Dc costituite successivamente.
Tuttavia non abbiamo la pretesa di essere ’la Dc’, come quella storica. Prendiamo atto, dopo venti anni, che la nostra è comunque ‘una’ esperienza di democrazia cristiana, ed è giusto identificarla con le sue ragioni originali, che giustificano l’aggiunta del mio nome nel simbolo.
Il mio nome riassume la nostra scelta di questi venti anni: all’opposto degli altri cespugli democristiani, che hanno sempre cercato un Centro tra i due poli, fatalmente divenuto un centro oscillante tra i due poli, noi abbiamo compiuto una analisi diversa. Riteniamo che la Dc non sia stata ‘il Centro’, bensì il partito della nazione opposto alle sinistre, e che il suo ruolo sia stato sostituito nel 1994 dal centrodestra. Noi democristiani non guidiamo più il nostro campo, ma questa non è una ragione per cambiare campo. Siamo rimasti coerentemente nel centrodestra, provando a radicarvi un seme democristiano. Lo abbiamo fatto quando il centrodestra è stato guidato da Silvio Berlusconi, lo facciamo oggi che alla guida della coalizione e del governo c’è Giorgia Meloni. Per alcuni la presenza di una destra più forte è un problema, noi la viviamo come una opportunità. Il tempo dirà se la nostra analisi è corretta.
Riprendiamo un cammino che non si è mai interrotto: il 18 gennaio 2024, a 105 anni dalla fondazione del Ppi, e a trenta dallo scioglimento della Dc, riapriremo il tesseramento della Democrazia Cristiana. Chiedo a tutti di darci fiducia, anzitutto a chi non la pensa come me: il tesseramento segna il ritorno, come oggi si dice, al modello dei ‘partiti contendibili’. Non nomineremo commissari, reggenti, fiduciari: gli iscritti decideranno chi rappresenta la ‘Dc con Rotondi’.
È per questo che il mio appello – si parva licet componere magnis – si intitola come quello firmato da Martinazzoli nel 1994: appello ‘ a quanti hanno passione civile’. Ci piace ripensare a quei giorni di sofferenza scavati nel volto dell’ultimo nostro segretario: per sentieri oggi diversi, e allora imprevedibili, noi siamo qui a rispondere ancora all’appello di Mino.
Il 18 gennaio 2024 inizia una nuova corsa. Non è un ritorno: non ce ne siamo mai andati. Certamente è un nuovo inizio. Le date scuotono emozioni, e costituiscono da sole un impegno: l’ambizione è che su Wikipedia il 18 gennaio non sia più la data dello scioglimento, bensì quella della ripresa della Democrazia Cristiana.
La Democrazia cristiana ritorna
con Rotondi